Pascale Barthélémy et Violaine Sébillotte Cuchet (éd.), Clio. Femmes, Genre, Histoire n° 43 : Citoyennetés
Pascale Barthélémy et Violaine Sébillotte Cuchet (éd.), Clio. Femmes, Genre, Histoire n° 43 : Citoyennetés, Paris, Belin, 2016, 332 p., 26 euros / isbn 978-2-7011-9852-1.
Texte intégral
1La rivista Clio intitola il numero 46 del 2016 alle cittadinanze. L’indagine tematica è ripartita nelle sezioni Dossier, Regards complémentaires, Documents, Actualité de la recherche, Portrait, Varia. A partire dal mondo greco e romano, gli studi affrontano aspetti della questione ‘cittadinanza’ al femminile, declinati nella diversità delle prospettive e delle coordinate di tempo e spazio. Filo conduttore del volume, come nell’introduzione di Pascale Barthélémy e di Violaine Sebillotte Cuchet, è la riflessione sulla cittadinanza giuridica, nozione ripensata dagli studi di storia delle donne e di genere fino alla definizione di “cittadinanze” plurime, connesse alla condivisione pubblica di aspetti della vita della comunità: lingua, pratiche sociali, riti e incarichi religiosi. Nell’indagare il legame tra cittadinanza e individuo, tra cittadinanza e nazionalità, ci si interroga inoltre sulla combinazione di più appartenenze, che interessano aspetti sociali, politici, economici, culturali, religiosi.
2Introduce la sezione Dossier il saggio di Aude Chatelard su esclusione giuridica e cittadinanza delle donne romane di età repubblicana: le ‘cittadinanze’ femminili si aprono alla dimensione sociale e del vissuto soggettivo nel mito, negli incarichi e nei riti della religione statale, nonostante le donne non condividano la cittadinanza giuridica per infirmitas sexus. Si rintracciano forme di partecipazione pubblica e di appartenenza politica in categorie di vedove, nei sacerdozi femminili, negli interventi diretti e incisivi delle donne nelle contiones maschili. Per l’Italia medievale e moderna, Simona Feci esplora le prospettive della cittadinanza e della mobilità femminili. Le donne declinano le loro ‘cittadinanze’ mediante forme di appartenenza peculiari: sostegno a confraternite femminili per conseguire tutele, concessioni, forme di integrazione proprie della cittadinanza giuridica; attività lavorativa e carico fiscale pro coniuge delle vedove; matrimoni e mantenimento, se straniere, di legami con la comunità di origine. In una diversa prospettiva, Linda Guerry studia la cittadinanza statale-nazionale delle donne sposate che ottengono la doppia nazionalità grazie alla convenzione dell’assemblea generale dell’Onu nel 1957. Parallelamente, Marc André analizza in diacronia lo statuto di cittadinanza delle Algerine (1930-1960), fino alla “cittadinanza variabile”, la doppia nazionalità con doppio diritto di voto. Una cittadinanza sociale fondata su una corretta educazione di genere è nel programma di recupero dello stato del Messico, oggetto del successivo studio di Chiara Calzolaio, sulle vittime della criminalità organizzata dal 2006.
3Nella sezione Regards complementaires, Diego Paiaro considera l’azione dei tirannicidi di Atene rafforzata dal legame omoerotico, a prima vista non coerente con il modello greco di cittadino, maschio e virile nella politica e nella guerra. L’eros è propedeutico all’esercizio della philia politica e non contraddice gli onori tributati dalla città per la andragathia: uniti contro il tiranno, la loro “cittadinanza ideale” risulta anzi rafforzata. Trasversalmente, l’azione di Madame Legros, benefattrice per la nazione francese nel xviii secolo, viene riletta da Laurence Croq come esemplare del passaggio dell’azione femminile dall’ambito familiare e privato all’ambito pubblico.
4Nella sezione Documents, Philippe Akar studia i programata di Pompei, iscrizioni elettorali sui muri delle abitazioni nelle strade più frequentate per le attività commerciali, là dove gli elettori potenziali si affollavano. In una sessantina di iscrizioni una o più donne rogatores sostengono i candidati, affiancate o meno da cittadini maschi. La tradizione insiste sull’esclusione femminile dalla sfera pubblica, ma queste Pompeiane prendono pubblicamente la parola schierandosi per potenziali politici locali e chiedendo per loro il voto alla comunità. La presenza di nomi femminili stranieri e greci pone interrogativi sull’ampiezza della reale partecipazione femminile a situazioni pubbliche di interesse comune. Oggetto del successivo articolo, di Sara Panata, è la documentazione dell’attività del Women Movement of Nigeria, portavoce del malcontento femminile per conseguire il suffragio universale su base non censitaria, con una inclusione di ambito politico e sociale corrispondente alla nozione di cittadinanza nelle categorie di pensiero occidentali.
5Per la sezione Actualité de la recherche, Violaine Sebillotte Cuchet propone un’importante disamina sulla definizione storiografica della cittadinanza femminile nel mondo ateniese e greco antico, con ricca bibliografia, rendendo conto del dibattito nella ricerca dall’ultimo ventennio del xx secolo a oggi. Nella città-stato greca l’esperienza del politico e delle pratiche del tà politikà - partecipare, condividere, decidere insieme – è stata per decenni considerata come esclusivamente maschile. A partire dagli studi di Nicole Loraux si è imposta per le donne greche la definizione di cittadine impossibili: se le donne possono essere nominalmente cittadine, esse restano categoricamente escluse dalla cittadinanza politica. Tale modulo storiografico è risultato rafforzato dagli studi di storia sociale di Pierre Vidal-Naquet sulla marginalità di schiavi e donne nella città greca e dalla sua celebre definizione della polis come club d' hommes. In realtà il fenomeno della cittadinanza antica è complesso e non può essere appiattito sulla politeia maschile. Indagini recenti hanno assegnato visibilità alla partecipazione femminile in altri campi pubblici di attività, nelle pratiche religiose e negli scambi economici, incrinando la validità della separazione privato-pubblico o interno-esterno. Il ruolo eminente di numerose donne nella sfera religiosa, per incarichi ufficiali, può considerarsi esemplare di una divisione delle attività secondo il genere; in questo contesto esse sono interamente cittadine. Tra ii e i sec. a.C., nello stato ellenistico-romano, la documentazione diviene più copiosa e mostra la partecipazione delle donne ad attività pubbliche pro civitate.
6Per la sezione Portrait, Leïla Sebbar propone un testo a carattere biografico, con figure femminili differentemente caratterizzate, in ambiente coloniale. Nella sezione Varia, Monica Bolufer Peruga rilegge la Défense des femmes (1726) di Benito Jerònimo Feijoo, valorizzandone l’attualità; a conclusione, un ampio studio di Ute Gerhard indaga sul rapporto controverso tra diritto e storia della condizione femminile nel xviii secolo.
7Il volume Citoyennetés costituisce un contributo imprescindibile alle ricerche su cittadinanza e appartenenza femminili: tra mondo antico e realtà più attuali le questioni si richiamano trasversalmente per affinità e divergenze, incoraggiando il lettore a continue riflessioni.
Pour citer cet article
Référence papier
Maria Luisa Napolitano, « Pascale Barthélémy et Violaine Sébillotte Cuchet (éd.), Clio. Femmes, Genre, Histoire n° 43 : Citoyennetés », Anabases, 27 | 2018, 222-224.
Référence électronique
Maria Luisa Napolitano, « Pascale Barthélémy et Violaine Sébillotte Cuchet (éd.), Clio. Femmes, Genre, Histoire n° 43 : Citoyennetés », Anabases [En ligne], 27 | 2018, mis en ligne le 01 avril 2018, consulté le 16 février 2025. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/anabases/7220 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/anabases.7220
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